Sperando di non urtare la sensibilità calcistica dei più, prendo spunto dall’incontro Italia-Uruguay di ieri sera – guardandomi bene dal commentarne l’esito! – per proporre una lettura piacevole, per molti aspetti sorprendente, che interpreta con acuta ironia l’intreccio sportivo e culturale che lega i due Paesi.
Altre stelle uruguayane, opera d’esordio di Stefano Marelli, mi faceva pensare inizialmente alle geometrie lontane delle costellazioni australi, appese alla Croce del Sud; poi, leggendo, mi sono accorta che gli astri a cui si fa riferimento sono di natura diversa. Nulla è come appare: personaggi e fatti nascondono una doppia anima, che li risucchia in un gorgo di circostanze (apparentemente) fortuite, coincidenze e sfide col destino. Così El Brujo, lo stregone-straccione che vive nello sperduto villaggio equatoriale in cui approda Sauro, voce narrante non proprio protagonista, si rivela niente meno che una vecchia gloria del calcio sudamericano e non solo: scopriamo che il suo vero nome è Prudencio Picasset, alias Nesto Bordesante, ed è stato addirittura una stella “altra” della Capitolina, la squadra fascista che negli anni ’30 celebrava le glorie di Roma.
Insomma, la storia che Marelli racconta col suo registro gergale – inizialmente sboccato, a tratti irriverente, chiazzato da numerosi “Maporcaputtana!”, avvolto nei fumi dell’alcol, bukovskiano, ma sempre scorrevole – si spacchetta a sua volta in tante piccole narrazioni, con continui ribaltamenti di prospettiva, fino all’inaspettato finale.
Il merito di questa scoperta letteraria va al lavoro lungimirante della giuria del Premio “Parole nel Vento”, indetto dalla Provincia di Catanzaro, e all’Editore Rubbettino, che ha pubblicato il libro nella collana “Velvet”.
Altre stelle uruguayane diverte e conquista (aggiungerei, doverosamente, anche per la presenza di una giovane archeologa!) col suo richiamo a un calcio che non c’è più; alla dimensione magica di quel ”vivere alla giornata” che, spesso, genera paradossi tragicomici; alla cultura di una Nazione che – malgrado ieri sera ci abbia condannati con un gol di scarto – non si può non amare, se non altro per l’accoglienza riservata ai migranti di ieri (nonni e bisnonni d’Italia partiti per Montevideo) e di oggi, allorché, il prossimo settembre, lo straordinario Pepe Mujica aprirà le porte della dimora presidenziale a un centinaio di bambini siriani.