Il figlio del mare (Pellegrini Editore, 2020)
“Il figlio del mare ha il destino segnato dall’onda: un viaggio di orme perdute lungo la battigia”.
Antar (Vertigo Edizioni, 2018)
“Affratellato a milioni di destini, abitante e naufrago di un Mediterraneo in continuo tumulto, cittadino di una terra elastica, che si espande e si restringe senza avere il tempo di assorbire appieno i cambiamenti che la attraversano, mi riconosco figlio legittimo di due culture, un arabo italiano che porta il suo messaggio a un mondo che ancora deve venire”.
Antar è un giovane italo-siriano la cui personalità vacilla tra culture che lo attraggono e lo respingono a seconda degli eventi, spesso drammatici, che scandiscono il suo percorso. Porta il nome di un celebre poeta-guerriero di epoca preislamica, ʿAntara Ibn Shaddād, una sorta di Ulisse del mondo arabo nel cui destino si identifica in modo speculare.
Siriano in Italia e italiano in Siria, vive un perenne cortocircuito di identità, che si traduce in un vero e proprio “viaggio di ritorno”, una discesa agli inferi in una Siria ormai smembrata, nei cui frammenti si scompone la sua stessa storia familiare, intrecciandosi a quella di personaggi forti come padre Paolo Dall’Oglio.
Una storia che attinge alla complessità di questo momento storico, dove l’io narrante diventa la lente attraverso cui è amplificata l’immagine del disastro siriano e la dimensione sospesa di chi è ponte inconsapevole tra culture.
La scatola dei ricordi (Formebrevi Edizioni, 2018)
“La scatola dei ricordi è lo scrigno segreto nel quale ciascuno di noi, da piccolo, ha riposto i propri tesori. Aprire quella scatola equivale a compiere un viaggio nel tempo, tra le pieghe dell’anima, dove si annidano storie lontane che affiorano al ricordo per essere narrate, tramandate come un’antica fiaba dal sapore mediterraneo e dal messaggio universale, senza tempo”.
La scatola dei ricordi è una raccolta di racconti che invita il lettore a immergersi nella dimensione delle storie di una volta, di quelle che portano addosso il potere della parola di veicolare personaggi e significati e divenire racconto, cuntu: luoghi e incontri che scandiscono lo svolgersi del tempo, dialoghi e intrecci che l’autrice in-forma in una scrittura lineare, arricchita da espressioni dialettali che richiamano il legame con la terra.
Così la scatola dei ricordi si apre alle cose nel loro rivelarsi, alla necessità del dire di farsi parola e uscire dal silenzio, fuori dal corpo nel quale ha trovato riparo, per viaggiare in altri corpi, altre parole, luoghi e non-luoghi dove ognuno ripone un frammento d’esistenza, strappato all’ordinarietà del tempo per farne amuleto di memoria, restituito alle cose che perdurano come le pietre, o quel vento “che a furia di mulinare scompiglia i capelli pure alle donne dipinte”.
Sette paia di scarpe (Rai Eri, 2014)
“Un profondo senso di appartenenza mi legava a quei territori sconfinati, come se il paesaggio, in ogni sua sfumatura, mi parlasse una lingua ormai dimenticata: voci di popoli lontani nel tempo, ma anche storie familiari appena sussurrate”.
Il titolo, ispirato a un’antica fiaba persiana, suggerisce il viaggio esteriore e interiore della giovane protagonista alla ricerca della verità. Aidha e i due fratelli minori lasciano Beirut durante la guerra israelo-libanese del 2006 alla volta della Siria, per rifugiarsi nel villaggio dei nonni materni, che non conoscono.
Nel profondo nord-est, la steppa in cui convivono arabi, curdi e poche tribù di seminomadi, Aidha entrerà in contatto con le rigide tradizioni patriarcali di una cultura millenaria, dalle quali sua madre era fuggita ancora adolescente.
Scavando nel proprio passato familiare come gli archeologi scavano il tell, la misteriosa collina che domina il villaggio, la ragazza scoprirà un importante segreto, che la farà riflettere sui fragili equilibri che regolano la quotidianità delle piccole comunità rurali e sul disincanto del loro vivere spietato.