Pinocchio e Alice: due fiabe esoteriche

“Non son stata io, io in persona a levarmi questa mattina? Mi pare di ricordarmi che mi son trovata un po’ diversa. Ma se non sono la stessa dovrò domandarmi: Chi sono dunque?”.

Lewis Carroll, “Alice nel paese delle meraviglie” (1865).

 

Questa è la domanda da un milione di dollari che si pone Alice durante il suo viaggio nel Paese delle Meraviglie, la dimensione ipnotica e parallela generata dalla penna di Lewis Carroll, nel 1863. Cosa lega Alice e Pinocchio, il burattino nostrano che Collodi spedisce nel Paese dei Balocchi? Molto più di quanto si possa immaginare!

Per cogliere appieno le analogie e i significati profondi che corrono sotto la superficie apparente dei testi bisogna partire dal presupposto che entrambe le opere sono tutt’altro che “fiabe per bambini”.

Se proviamo a ribaltare la prospettiva del viaggio esteriore, compiuto dai due protagonisti, con quella del viaggio interiore alla ricerca del Sé, e aggiungiamo a tale prospettiva la lunga catena di significati esoterici che sottendono alle immagini, alle figure e ai simboli incontrati durante il percorso, così come vanno intesi nel sentire dei rispettivi autori, Carroll e Lorenzini, entrambi noti massoni, ecco che le due fiabe ci appaiono esattamente per quello che sono: testi iniziatici.

Pinocchio e la Massoneria

Storia di un pezzo di legno grezzo che diventa marionetta e, infine, “bambino vero”, ossia, per usare il gergo massonico, la storia di un non-iniziato (“Grezzo”) che si adopera per perseguire una via di luce (“Levigato”) e, in ultimo, raggiunge la verità (“Illuminato”).

Nel momento in cui Geppetto-Demiurgo chiede l’aiuto della Fata-Dio (“Grande Architetto”) per dare un’anima a ciò che è ancora allo stato inanimato, prendono il via un processo esteriore alchemico, che agisce sulla materia grezza per farne vita pulsante, e un percorso interiore costellato di tappe iniziatiche che mettono a dura prova il libero arbitrio e la Coscienza-Grillo parlante mediante la trappola costante delle Tentazioni-Gatto e Volpe.    

Nel momento in cui Pinocchio, in forma di burattino animato, chiede alla Fata se sia già diventato un bambino vero, quella risponde:

“No, Pinocchio. Il desiderio di tuo padre si avvererà solo se saprai meritarlo. Mettiti alla prova con coraggio, sincerità e passione, e un giorno diventerai un bambino vero”.

Stesso insegnamento delle scuole misteriche, secondo le quali la vita vera inizia solo dopo la morte di quella illusoria e la conseguente illuminazione.

Così il percorso di Pinocchio – il cui nome sembra ricondurre alla ghiandola pineale quale “Terzo Occhio” (occhio della conoscenza) – è un susseguirsi di bassezze e cadute, fino alla più clamorosa di tutte: trasformarsi in asino, chiaro riferimento a Le Metamorfosi di Apuleio, tra i testi misterici di riferimento.

Il luogo dell’iniziazione vera e propria? Il ventre della balena, ovvero il Libro di Giona, episodio comune ai tre monoteismi e caposaldo delle scuole spirituali. È solo dal ventre buio della morte materiale che Pinocchio riemerge finalmente Bambino Vero, Bambino di Luce. 

 

 

Alice e il mondo allo specchio

Scrittore e matematico di grande finezza, Charles Lutwidge Dodgson, in arte Lewis Carroll, sostiene di aver avuto l’ispirazione per Alice nel Paese delle Meraviglie durante un pomeriggio in barca con la sua pupilla.  

L’architettura del mondo parallelo, sotterraneo e capovolto che attende Alice in fondo alla tana del Bianconiglio, così come le creature che lo popolano, rappresentano un vero e proprio capolavoro di fantasia, nonsense, ermetismo, logica, giochi matematici e simboli esoterici legati alla massoneria, cui lo consacra in definitiva la trasposizione cinematografica di Disney, altro illustre affiliato e appassionato occultista.

Nell’opera confluiscono il femminino sacro e la Dea Madre, le teorie degli opposti, il metalinguaggio come confutazione del linguaggio e i paradossi filosofici introdotti dalla categoria della “follia” in opposizione alla concezione hegeliana del mondo razionale. Eppure, alla fine, il Re di Cuori dirà:

“Se un senso non c’è, questo ci evita un sacco di guai, perché non dobbiamo cercare di trovarlo”.

E il senso non è solo in fondo al subconscio e alla psichedelia di questo mondo onirico, ma richiama la cabala, i cerimoniali di discipline che si trattano con i “guanti bianchi” – come quelli del Coniglio-Messaggero che più volte scambia il nome di Alice con “Marianna” – e gli equilibri sottili che legano microcosmo e macrocosmo, nell’incapacità della protagonista di gestire il proprio essere “troppo grande” o “troppo piccola”, incidente che, non a caso, si ripete per ben 10 volte (Sephirot – סְפִירָה).

I temi dell’immortalità, dell’eterno ritorno e di una luce che è alla portata di chi vuole e può intraprendere il percorso assumono una forma fiabesca al solo scopo di farci risvegliare: sta a noi scegliere se ingoiare la pillola rossa o quella blu.

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