Dalla memoria collettiva alla memoria selettiva – “La scatola dei ricordi”

“Noi siamo i nostri ricordi, noi siamo quel chimerico museo di forme incostanti, quel mucchio di specchi rotti”.
 
Jorge Luis Borges
 

Lo scorso ottobre ho pubblicato per Formebrevi Edizioni una piccola raccolta di racconti, sei in tutto, dal titolo La scatola dei ricordi. L’immagine che ha dato vita a questa suggestione è un gesto semplice, quasi infantile: aprire la scatola del “tempo segreto” che ciascuno si porta dentro e compiere un viaggio tra le pieghe dell’anima, dove le ombre individuali ci consegnano messaggi universali.

La memoria è la base della nostra identità – noi siamo i nostri ricordi, dice Borges – ovvero, ci identifichiamo in modo più o meno veritiero con i ricordi che ci abitano, tanto collettivi e generali quanto autobiografici. Eppure, la memoria non funziona in modo univoco.

Non è un caso che abbia deciso di aprire La scatola dei ricordi a pochi giorni dalle celebrazioni istituzionali per la Giornata della Memoria del 27 gennaio e condividere alcune “riflessioni mnemoniche”, percorrendo l’orizzonte tremulo e ingannevole che separa ciò che è stato da ciò che è, chi eravamo da chi siamo, l’utopia dalla distopia.

Il cammino a ritroso sul quale desidero avventurarmi segue un doppio binario: quello della memoria collettiva, spazio in cui sembra confluire l’oggettività storica dei fatti, e quello della memoria selettiva, che funge invece da “svuotatasche” per alleggerire in un sol colpo neuroni e coscienza.  

Su entrambe agisce il fenomeno che gli studiosi della mente chiamano “dissonanza cognitiva”, parolone dietro il quale si cela in realtà un malessere molto comune: avete presente la fastidiosa sensazione che ci accompagna dopo aver commesso un’azione contraria alle nostre convinzioni? Finiamo col pensarci e ripensarci fino ad arrivare alla consolante conclusione che sì, abbiamo fatto la cosa giusta…non potevamo fare altrimenti! In sostanza, accettiamo di distorcere i nostri pensieri al punto che, col passare del tempo, il ricordo stesso affiora al presente completamente purificato, riverginato.

Qesta sorta di mistificatorio reset, dicevamo, agisce in egual misura sulla memoria collettiva e su quella individuale, traslandole al livello di “memoria selettiva“, sintesi accettabile di quanto ci è più utile e comodo ricordare, affinché non sussista più alcun conflitto. Se da un lato questo meccanismo di protezione consente di superare le criticità, dall’altro rischia di imbrigliarci in una dimensione alterata, se non addirittura di crearne una parallela, che a furia di essere spacciata per reale finisce col diventarlo.

È al termine di questo passaggio che dalla nostra ideale “scatola di ricordi” si solleva una domanda inquietante: fino a che punto la memoria selettiva e opportunistica riesce a disperdere nell’oblio interi pezzi di storia collettiva e individuale? Il peso della rimozione incombe più ferocemente laddove la ferita è stata più lacerante? 

È questo che ha spinto i superstiti della Shoah (l’olocausto) approdati in Palestina a provocare la Nakba (la catastrofe) del popolo che abitava quella terra, costringendo gli arabi di Gaza a sopravvivre, oggi, come gli ebrei di Auschwitz? 

 

 

È questo che spinge noi, generazioni di figli e nipoti di emigrati fuggiti spontaneamente dalla fame, dal dopoguerra o costretti, come in ogni epoca, dalle mafie di turno a lasciare la propria terra a respingere i nuovi disperati del mondo, ricacciandoli nei lembi d’Africa che il nostro Occidente ha contribuito a rendere lande riarse di morte e guerriglia?

 

 

La “scatola dei ricordi” è destinata a svuotarsi velocemente in una società come la nostra, dove tra le mura di case sempre più domotiche non riecheggia più la voce del racconto orale né la memoria dei nonni reduci di guerra e di miseria; dove a scuola è fatto divieto assoluto di insegnare storia, geografia, arte e bellezza, dunque “memoria“. 

 

“Ciascuna di quella voci mi ha ricordato, una volta di più, che l’essere umano è capace di ferocia senza scrupoli, e poi ancora, di pietà e fratellanza”.

Dal racconto “Il campo dei musicisti”, in La scatola dei ricordi (Formebrevi Edizioni, 2018).

 

La scatola dei ricordi (Formebrevi Edizioni)

 

 

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